giovedì 2 febbraio 2017

Cos'è lo Yoga? (Seconda Parte)

Lo yoga è una disciplina antichissima. 
Le prime allusioni allo yoga si riscontrano in alcuni reperti trovati nella valle dell’Indo risalenti a circa 3000-4000 anni a.C., ma l’origine dello yoga è sicuramente precedente, è antica quanto l’uomo.

Inizialmente era un’attività più vicina allo sciamanesimo, veniva praticato nei boschi e nelle grotte ed era presente un forte contatto con la natura.

I primi riferimenti scritti sullo yoga risalgono alle Upanishad databili intorno al VI sec. a.C.. Le Upanishad antiche, come la Taittiriya e la Katha Upanishad definiscono lo yoga come un “saldo controllo dei sensi”.

Il fine dello yoga viene sintetizzato mirabilmente nella Bhagavad Gita VI, 20 - 23 dove viene definito come:

Quello stato in cui le funzioni mentali s’arrestano
grazie alla pratica della disciplina interiore,
quello in cui egli, con il Sé contemplando il Sé,
solo nel Sé si appaga;
quello stato nel quale egli conosce
la felicità infinita che trascende i sensi
e si può cogliere solo con l’intelletto,
dimorando nel quale più non s’allontana dalla realtà;
quello stato, conquistato il quale egli non pensa
che possa esistere altra conquista più grande
e dimorando nel quale non ne è distolto
neppure da un grave dolore:
sappia che quello stato si chiama yoga
ed è lo scioglimento dell’unione con la sofferenza;
questo yoga dev’essere praticato con ferma decisione
e con animo imperturbabile.

Lo yoga, quindi, ha come mezzo la disciplina interiore, come fine la cessazione dell'illusione della separazione e la comprensione intuitiva di essere uno con il Sé, l’Essere e come conseguenza la liberazione dalle catene della sofferenza.

Qualsiasi yoga che non si prefigga tale scopo è semplicemente una fase preparatoria oppure non è yoga.

La Maitry Upanishad illustra uno yoga composto da sei “membra”, mentre gli Yoga Sutra di Patanjali, che vengono riconosciuti come la prima sistematizzazione delle pratiche dello yoga, ne enumerano otto. Questi sono yama e niyama, corrispondenti ai precetti positivi e negativi; asana, le posture fisiche, pranayama, le pratiche di respirazione, pratyahara, la ritrazione dei sensi, dharana, la concentrazione, dhyana, meditazione e samadhi, contemplazione e perfetto raccoglimento.

I primi quattro stadi dello yoga: yama, nyama, asana e pranayama sono propedeutici ai successivi quattro stadi: pratyahara, dharana, dhyana e samadhi.

Al giorno d’oggi, l’industria occidentale del fitness e benessere, un business da 10 miliardi di euro, ha estrapolato la fase delle posture fisiche dello yoga, le asana, per asservirla ai propri scopi. Lo yoga è diventato così una semplice disciplina fisica, una ginnastica alla stregua delle altre, una moda, un hobby o un mezzo per esibirsi in posture e acrobazie perdendo in tal modo il suo senso originale.

Lo yoga non è finalizzato a rassodare i glutei, snellire i giro vita, rendere il corpo più flessibile o longevo.

Il culto dell’estetica, della salute e della bellezza ha sostituito il processo di conoscenza del Sé e di risveglio, di comprensione e realizzazione della propria vera natura.

Ciò non significa che la fase preparatoria dei precetti, delle posture e delle pratiche di respirazione non siano utili ed anche necessari fino ad un certo punto. Infatti, sono spesso fondamentali per sciogliere le tensioni fisiche e mentali, aiutare a sbloccare i meridiani energetici e i centri sottili, calmare la mente e stabilizzare il corpo ecc..

In altre parole costituiscono il processo di purificazione necessario per poter soggiogare la mente. Infatti, sempre nella Bagavad Gita VI, 33 – 35 Arjuna afferma:

Questo yoga che tu hai descritto
come equanimità, o distruttore di Madhu,
non vedo come possa sussistere durevolmente,
a causa dell’irrequietezza della mente.
Volubile infatti è la mente, o Krishna,
aggressiva, impetuosa, tenace:
considero assai difficile tenerla a freno,
come frenare il vento.
Krishna risponde
Senza dubbio, o eroe dalle grandi braccia,
è difficile tenere a freno la mobile mente;
ma con una pratica assidua e costante, o figlio di Kunti,
e col distacco ascetico, la si può soggiogare.

E’ molto difficile raggiungere l’arresto delle modificazioni mentali, la sospensione del dialogo interiore e la concentrazione sul Sé, ma come dice Krishna si può conseguire con una pratica assidua e costante e con il distacco, disidentificandosi dai condizionamenti.

Purtroppo, la maggior parte dei praticanti di yoga si fermano alla fase di purificazione preparatoria e non si spingono mai oltre. Molti non sanno nemmeno che esiste una fase successiva, credono che lo yoga sia esclusivamente una ginnastica o una pratica energetica e non sanno che le posture fisiche sono solo un ottavo della disciplina dello yoga.


Per questo motivo è importante introdurre fin dall’inizio sia le pratiche fisiche-energetiche, sia le pratiche meditative in modo da avere uno sviluppo integrale dell’essere umano.

Lo Yoga dell’Essere è una via semplice, diretta ed integrale. Lavora da una lato sugli aspetti psicofisici ed energetici per bilanciare il corpo, armonizzare le energie e quietare la mente. Dall’altro mira a risvegliare la coscienza dall’ipnosi dell’identificazione con i condizionamenti relativi al corpo-mente; inoltre, apre all’indagine interiore sulla nostra vera natura.

Realizzare chi siamo significa manifestarlo. La vera conoscenza, infatti, non è semplicemente teorica, ma ha un impatto concreto in tutti gli aspetti dell’Essere: mente, corpo e mondo.

Lo yoga è una disciplina assolutamente pratica e consiste nel dimorare consapevolmente e costantemente nel Sé e sperimentare la realtà non-duale ovunque:

Con l’animo raccolto grazie alla disciplina interiore
Egli vede il proprio Sé dimorare in tutti gli esseri
E tutti gli esseri nel proprio Sé:
egli vede ovunque la stessa cosa.

Bhagavad Gita VI, 29

Per chi non l'avesse letto vi rimando alla lettura della prima parte dell'articolo Cos'è lo Yoga?

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