giovedì 24 novembre 2016

Tutto è Uno

1. Il Tutto è: Vita-Coscienza-Intelligenza-Amore, chiamato spesso il Grande “IO”, il Sé, l’Essere, Dio.

2. Il Sé è senza forma e per questo motivo può prendere tutte le forme; infatti, l’intelligenza-Amore della Vita ha creato tutte le forme di vita, compreso l’essere umano.

3. Noi siamo un’azione della Vita, tanto quanto un insetto, un albero, i pianeti e le stelle.

4. Tutta la manifestazione è Coscienza: i regni minerale, vegetale e animale sono Coscienza, perché tutto è Esistenza-Coscienza: Sat Cit.

5. Nel regno minerale la Vita-Coscienza si manifesta attraverso il corpo fisico ed energetico (eterico), nel regno vegetale si è aggiunto il corpo astrale (emotivo) e nel regno animale il corpo mentale.

6. I corpi fisico, eterico, astrale e mentale non solo si manifestano nella Coscienza, ma sono fatti di Coscienza, proprio come tutta la materia è fatta degli stessi atomi.

7. Nel processo evolutivo l’essere umano ha sviluppato la mente astratta e riflessiva e così non solo vive con la coscienza mentale come gli animali, ma sa di vivere perché è autocosciente. 

8. L’autocoscienza è il prodotto della capacità della mente riflessiva di conoscere se stessa.

9. La mente riflessiva ripiegandosi su di sé nel tentativo di conoscersi, si separa in soggetto ed oggetto e riflette se stessa come uno specchio creando l’illusione del dualismo e della molteplicità.  L'autocosienza è solo un surrogato della Vera Coscienza, benché sia fatta  sempre di Coscienza.


10. La mente astratta ha dato origine al linguaggio, il quale attraverso concetti e categorie ha creato una mappa concettuale della realtà.

11. Il dualismo è creato dal potere di illusione di Maya che significa appunto misurare, ordinare, creare.

12. L’essenza del dualismo si esplicita nella divisione, nella separazione e in quella che viene chiamata la conoscenza del bene e del male.

13. La separazione illusoria dell’essere umano dall’Unità viene interpretata come la caduta dallo stato edenico, ma segna anche l’inizio del viaggio evolutivo della Coscienza.

14. In questo processo la Coscienza - il grande IO - rimane intrappolata in questo circolo chiuso della mente e si identifica con la forma, l’immagine della struttura psicofisica.

15. Nasce così l’illusione del piccolo “io” separato: “io” in quanto separato dall’”altro”.

16. L’uso del linguaggio e delle mappe concettuali, insieme al pronome “io” consolidano l'illusione della separazione, scollegano l'"io" dalla realtà unificata e lo incapsulano in un mondo virtuale dualistico. 

17. Il piccolo “io” irretito dall'illusione di Maya crede di essere separato dalla Vita stessa, crede di essere qualcosa che ha la Vita e non più qualcosa che è Vita.

18. Credere di avere la Vita significa quindi poterla perdere, mentre essere Vita significa eternità.

19. In questa condizione precaria l'"io" diventa autoreferenziale: da un lato costantemente preoccupato e ansioso per un futuro incerto e potenzialmente pericoloso e dall'altro attaccato ad un passato che lo rassicura, lo conforta e gli conferma la propria identità. 

20. L’"io" separato, che non è altro che il riflesso della Coscienza identificata nella forma, inizia a credere di essere l’autore delle proprie azioni.

21. La credenza di essere colui che agisce crea il karma, ovvero la catena delle conseguenze che vincola il piccolo “io” a scontare gli effetti positivi o negativi delle proprie azioni.

22. Questo processo mantiene l’”io” bloccato all’interno del cerchio delle rinascite: il samsara.

23. Le azioni dell’”io” sono quasi sempre il frutto di condizionamenti ereditari o socioculturali ed il suo comportamento è  meccanico e ripetitivo.


24. Il piccolo “io” essendo separato e scollegato dalla Sorgente non può cogliere la Bellezza e l'Amore e non può veramente agire secondo Coscienza. Infatti, la società umana ha dovuto prescrivere norme di condotta, regole di comportamento, principi etici e morali per sopperire alla mancanza di Vero Amore.

25. La vita del piccolo “io” separato che gira nella ruota del samsara è contrassegnata dalla mancanza, dalla sofferenza e dall’insoddisfazione poiché ha perso la connessione con la sua Vera Natura.

26. Tuttavia, attraverso il pungolo dell’insoddisfazione e della sofferenza, l'"io" sarà indotto a ricercarne le cause, eliminarle e, quindi, ad evolvere ulteriormente.


27. Tutto questo processo evolutivo che ha portato l’uomo a sentirsi un piccolo “io” separato è un’azione della Vita intelligente.

28. La conoscenza astratta e riflessiva della mente, l’autocoscienza e l'identificazione con la forma sono solo un passaggio nell’evoluzione della Vita-Coscienza-Intelligenza all'interno della manifestazione.

29. Il passaggio attuale dell’evoluzione umana consiste nel comprendere e realizzare che esiste solo il Sé e che tu sei il Sé. Esiste solo la Coscienza ed il mondo si trova dentro la Coscienza ed è fatto di Coscienza.

30. Questa realizzazione porterà ad un nuovo livello di realtà, un nuovo piano di manifestazione della Vita. 


Quando gli umani realizzeranno - non basta capire, si deve realizzare - che la Materia e lo spirito non esistono come entità separate e neppure come parti integranti dell'Uno, ma sono l'Uno stesso, quando si saranno integrati nella grande Unità, l'ineffabile beatitudine regnerà sul mondo.
Sri Auribindo

giovedì 17 novembre 2016

Destino o Libero Arbitrio?

Abbiamo visto che se andiamo alla ricerca di un io individuale separato, troviamo soltanto pensieri, sensazioni, percezioni e volizioni, ma nessun “io” concreto. Il concetto “io” è un nome che viene usato per indicare l’insieme di tutti i processi psicofisici.

Se non esiste un io individuale separato, esiste il libero arbitrio?

Se andiamo a guardare da vicino la nostra vita, ci rendiamo conto che tutte le nostre scelte sono sempre condizionate. Ogni scelta è motivata da condizionamenti più o meno evidenti: mangiare quando si ha fame come dormire quando si ha sonno sono azioni motivate dall’avere fame o sonno. Anche scegliere cosa mangiare dipende dalle nostre abitudini e scelte alimentari, che dipendono a loro volta da quello che crediamo sia più salutare e giusto per la nostra salute.

Se guardiamo attentamente ci rendiamo conto che ogni nostra scelta è motivata da qualcos’altro che dipende dal qualcos’altro ancora e così via.

Noi siamo una complessa rete di condizionamenti che interagiscono continuamente tra di loro. Tutte le nostre decisioni dipendono dalla programmazione che ha ricevuto la nostra struttura psicofisica: la genetica e i condizionamenti socio-culturali.

Esistono anche intuizioni superiori attraverso le quali attingiamo ad un piano esistenziale più elevato, ma per accedervi bisogna aver già quietato la mente e interrotto il dialogo interiore.

Capito questo, vi accorgerete che l’io è esattamente quello che vorrebbe non far vedere di essere. Lungi dall’essere il centro libero della personalità, è un meccanismo automatico inculcato sin dall’infanzia dall’autorità sociale, con l’aggiunta, forse, di un pizzico di ereditarietà.
Alan Watts

Da queste considerazioni si potrebbe desumere che non esista il libero arbitrio, ma che tutto sia già preordinato in uno stretto determinismo. In realtà, la domanda è fuorviante perché si fonda sul presupposto che esista un “io” che possa essere libero o no!

La domanda se esista il destino o il libero arbitrio presume l’esistenza di un “io” separato che subisce un destino ineluttabile o che esercita la capacità di libera scelta.

Quando ci rendiamo conto che non esiste alcun “io” separato, ma soltanto dei processi fisici, emotivi e mentali, ovvero sensazioni, percezioni e pensieri, allora la domanda stessa si scopre essere priva di senso.

Nel Buddhismo si afferma che esiste l’azione, ma non chi agisce.

Nella Bhagavad Gita si dice che le azioni vengono compiute dai costituenti della natura, i guna:

Le azioni sono compiute tutte quante dagli elementi costitutivi della Natura;
 ma chi ha l’animo fuorviato dal senso dell’Io pensa: “Sono io che agisco”.
Bhagavad Gita III, 27

Cominciamo allora a renderci conto che la Vita è un immenso insieme di processi nei quali siamo immersi.

Il problema del libero arbitrio sorge perché l’idea di essere l’autore delle azioni è profondamente radicata nell’essere umano. Una volta caduti nell’illusione di essere un “io” separato sorge la domanda sull'esistenza della libertà.

Per dissolvere tale illusione si può meditare profondamente sulla natura delle nostre scelte. Prendiamo delle scelte che crediamo essere assolutamente nostre e andiamo a scoprire perché abbiamo preso quelle determinate decisioni. Scopriremo che ogni nostra azione deriva dal perseguire il piacere ed evitare il dolore, da un’abitudine o da una credenza, da una un principio etico acquisito o dalla morale comune, ecc.

L’etica, la morale e il senso civico sono dei rimedi necessari per una buona convivenza in una società in cui gli individui credono di essere degli individui separati. E’ stato necessario stabilire delle norme, delle regole ed una morale basata su dei valori condivisi per regolare il comportamento umano affinché non regnasse l’egoismo, l’individualismo e l’egocentrismo con tutti i comportamenti che ne derivano: avidità, superbia avarizia ecc.

Tuttavia, se osserviamo la società in cui viviamo ci rendiamo immediatamente conto che queste regole di condotta sono applicate in minima parte e che nella società regna il più sfrenato individualismo.

Fino a quando nell’uomo ci sarà la convinzione di essere un individuo separato non potrà manifestarsi l’armonia e la pace nel mondo.

Infatti, come abbiamo visto in passato (Chi sono io? Seconda parte), alla radice dell’”io” separato c’è la paura dell’altro, dell’estraneo, del diverso. Questa paura genera un comportamento di chiusura verso ciò che non si conosce, che non si può controllare e che è potenzialmente pericoloso.

Leggi, norme, regolamenti, principi etici e morali non fanno altro che riaffermare e radicare sempre di più l'illusione che esista un "io" separato in grado di decidere autonomamente, mentre invece non sono altro che programmi per condizionare il comportamento umano.


Questi programmi, però, creano degli effetti collaterali come perversioni, degenerazioni, vizi, corruzione, depravazione ecc., perché non sono in grado di rispondere al bisogno esistenziale fondamentale: Essere Se Stessi!

Solo la fine dell’illusione della separazione e la realizzazione dell’Unità intrinseca della Vita ci può portare ad un comportamento che è NATURALMENTE VIRTUOSO e che non ha bisogno di regole, norme o valori istituzionali per essere condiviso.

In questo caso siamo consapevoli che alla struttura psicofisica compete soltanto l’azione, mentre l'impulso ad agire viene dalla Coscienza.

Possiamo fare esattamente ciò che ci sentiamo, poiché è la Coscienza-Esistenza Impersonale che è all’opera.

Come un cacciavite in mani competenti adempie semplicemente la sua funzione di avvitare ed in mani perverse può essere utilizzato per aggredire ed uccidere, allo stesso modo l’essere umano, quando è privo del senso di separazione ed è consapevole di essere la Coscienza-Esistenza, agisce naturalmente senza l’orgoglio per il successo o il senso di colpa per il fallimento, mentre quando è succube dell’illusione di essere un individuo separato si tormenta per il fallimento e si inorgoglisce del successo.

Ciò non significa che quando svanisce l’illusione della separazione allora si dissolvono immediatamente tutti i condizionamenti della personalità.

La personalità, infatti, è una struttura automatica e continuerà per un certo periodo a funzionare in base ai condizionamenti acquisiti, ma non avrà più la stessa forza di prima.

All’inizio del Risveglio la Coscienza osserverà la personalità continuare a comportarsi come in passato e la mente potrà reagire con rabbia, disapprovazione, senso di colpa ecc., ma questo non provocherà più un profondo turbamento perché non ci sarà più identificazione.

Lentamente la struttura corpo-mente verrà modificata dallo sguardo amorevole ed equanime della Coscienza Impersonale, la quale, senza sforzo o imposizioni, scioglierà tutti i coaguli dei condizionamenti karmici e socio-culturali.

A questo punto, il nostro comportamento non potrà che essere spontaneamente virtuoso.

Se stai pensando: utopia! Questo pensiero è un condizionamento!




giovedì 10 novembre 2016

Il Gioco Divino

Nei post precedenti, abbiamo visto che non esiste un “io” individuale separato. Esiste solo un unico grande Essere, l’Universo, la Vita che si manifesta nelle sue innumerevoli forme.

Che cosa comporta tutto questo?

Esistono molte filosofie appartenenti a diverse tradizioni che descrivono la costituzione energetica dell’uomo. Non ci addentreremo in tali complesse filosofie, che prendono in considerazione numerosi corpi energetici, ma estrapoleremo una visione semplice e chiara della nostra costituzione.

La nostra personalità è composta da un lato dal residuo karmico delle vite precedenti. Quando il corpo muore, il karman di quella persona - composto dai desideri, dagli attaccamenti e dai residui potenziali delle nostre azioni, ovvero le conseguenze buone e cattive delle azioni che non si esauriscono nel breve spazio della vita -, determinerà una rinascita nei diversi piani esistenziali ed un determinato patrimonio genetico. Questo cerchio di nascite e morti è chiamato il ciclo del samsara.

Dall’altro lato, la personalità è il prodotto di tutti i condizionamenti acquisiti nella nostra vita. Soprattutto nei primi anni, infatti, il bambino riceve quei condizionamenti che lo accompagneranno per il resto della sua esistenza. Pensieri, parole e azioni creano un carattere che determinerà un destino.

Questi due aspetti vengono “vivificati” dal principio vitale, l’Atman, che scorre in tutti gli esseri viventi. L’Atman, in realtà, non si distingue dal Brahman, che  è l’aspetto universale dell’Atman, il principio cosmico dell’Unica Realtà.

I tre aspetti dell’Atman-Brahman sono sat, l’essere, cit, la coscienza e ananda, la beatitudine.

Quando il principio universale Atman-Brahman, nella sua manifestazione, si identifica con il Karman e la struttura psicofisica si produce il senso dell'"io" l'Ahamkara, ovvero la sensazione di essere un individuo separato.

Il legame che esiste tra la Coscienza Cosmica e il mondo fenomenico è frutto di Maya, il potere dell’illusione che è intrinseco al Brahman stesso.

A causa del potere di Maya siamo caduti nell’illusione di essere degli individui separati ed indipendenti.


Nella Bhagavad Gita, uno dei testi filosofico-religiosi più importanti dell'India, troviamo scritto:


Nascosto dalla mia Maya, non a tutti sono manifesto,
questo mondo illuso e confuso non conosce Me, il Non-nato e l'Immutabile.
VII, 25


Potremmo affermare che il Brahman ha creato la divina Maya allo scopo di velare se stesso e dimenticarsi di sé.

Che senso avrebbe giocare sapendo che, in realtà, noi siamo tutti i giocatori, il gioco e gli spettatori e che comunque vada vinciamo sempre? Il fascino del gioco dipende proprio dal credere di essere da soli ad affrontare le sfide e dal non sapere come andrà a finire.

Quando guardiamo un film veniamo catturati dalla storia e tal punto da immedesimarci con i personaggi. In un certo senso, ci permettiamo di credere che la storia sia vera per poterla vivere in prima persona senza sapere come andrà a finire. Guardare un film con distacco, sapendo che è una finzione e magari conoscendo già il finale non sarebbe così coinvolgente!

I Bambini quando giocano mettono in atto una finzione, ma il divertimento consiste proprio nel credere che sia vero.

Nel processo involutivo-evolutivo della vita, l'oblio della nostra vera natura e l'identificazione con un'individualità separata, l'"io", è di fondamentale importanza per giocare pienamente la partita della vita.

A questo punto potrebbe sorgere la domanda: qual è il senso della Vita?

Quand’è che si dice che una cosa ha senso? Il senso dipende da un obiettivo. Per esempio, mi sposto da casa al lavoro perché devo andare a lavorare. La maggior parte delle nostre azioni sono fatte per raggiungere uno scopo ed ottenere quindi un risultato. In questo caso si dice che qualcosa ha senso in rapporto alla meta.

Inoltre, si può dire che qualcosa ha senso quando deve essere rapportato a qualcosa di più grande. Per esempio, la tessera di un puzzle da sola non ha significato, ma trova il suo senso solo all’interno di un insieme più ampio: il disegno del puzzle.

Dunque qual è il senso della Vita?

Se la Vita è il Tutto non può trovare il suo senso andando da qualche parte o raggiungendo un obiettivo al di fuori di se stessa, poiché è già il Tutto! Non può nemmeno avere un significato rispetto a qualcosa di più grande perché non c’è nulla al di fuori del Tutto!

In realtà, la Vita è simile ad una danza o al gioco. Si danza per il piacere di danzare, non per andare da un punto ad un altro. Si gioca per il piacere di giocare e non per conseguire un obiettivo.

Nella filosofia indiana, infatti, si usa il termine lila, che significa appunto gioco, per il indicare il disegno divino, il Gioco Divino.

La Vita trova il suo senso in se stessa.

Il problema del senso della vita nasce solo all’interno della mente, la quale credendosi separata dal Tutto e sentendosi quindi limitata e mancante cerca di trovare un modo per colmare questo senso di infelicità esistenziale.

Una volta invischiati nell’angoscia esistenziale cerchiamo delle risposte rivolgendoci alla mente, la quale per dare un senso alla vita ci racconta delle storie che possono essere belle o brutte, felici o tristi, spirituali o materiali, ma sono sempre solo storie.

In ogni storia c’è sempre un protagonista, che è ognuno di noi, che deve fare un percorso per arrivare ad una meta che è il senso della vita.

Noi crediamo a queste storie perché crediamo di essere il protagonista!
Negare tale storia implicherebbe negare il protagonista,
negare il senso di essere un individuo separato.
Ecco perché crediamo a queste storie!

Ci siamo dimenticati di essere il Brahman, la Coscienza ed abbiamo iniziato ad identificarci con il personaggio illusorio della storia.

La Bhagavad Gita recita:

Il Signore risiede nel cuore di tutte le creature
e tutti gli esseri fa girare come se fossero fissati su una ruota,
col potere della sua Maya.
XVIII, 61

Dopo innumerevoli esistenze all’interno del circolo del samsara ed innumerevoli disillusioni può accadere che in un individuo sorga il desiderio di conoscere se stesso e di intraprendere un percorso spirituale.

In realtà, la ricerca spirituale (…) inizia con un individuo convinto di cercare Dio e termina con l’annientamento dell’individuo stesso, il quale riconosce che esiste solo l’Energia Divina, la Coscienza, Dio.
Sandra Herber Percy

Nessun persona si risveglia perché è solo un insieme di caratteristiche e condizionamenti, come nessun "io" si risveglia perché è soltanto un concetto, un'immagine della mente!

Il Risveglio è la fine di questa illusione.


giovedì 3 novembre 2016

Chi Sono? (Terza Parte)

Arrivati a questo punto della ricerca, alla domanda “chi sono?” potremmo probabilmente cominciare a rispondere con abbastanza convinzione: l’Universo!

Se osserviamo di cosa è fatto il nostro corpo ci rendiamo conto che siamo fatti dell’aria che respiriamo, del cibo che mangiamo e dell’acqua che beviamo, del calore solare e di energia vibrante.

Dov’è il confine che ci separa dal mondo?

Tuttavia, è probabile che continuiamo a sentirci degli individui separati.

Il concetto “individuo” significa indivisibile, ma è un termine relativo che si può applicare a diverse scale di grandezza.

L’atomo potrebbe considerarsi un individuo – atomo significa appunto indivisibile -, ma anche una molecola potrebbe essere vista come un individuo. La cellula, il più piccolo organismo vivente, è certamente un individuo che opera funzioni vitali autonome. Una formica può essere vista come un individuo, come un intero formicaio può essere considerato un unico organismo vivente.

All’interno del nostro corpo ci sono, cellule, organi, tessuti, apparati che hanno una loro propria vita e funzionamento. Tutti insieme formano il nostro organismo, che può essere considerato un individuo tanto quanto una singola cellula, un organo interno o un’intera società.

In realtà il concetto “individuo” è una mera creazione della mente umana. E’ una parola che indica una serie di rapporti interconnessi tra loro.

Allora perché consideriamo un individuo solo ciò che è contenuto all’interno del nostro corpo?

Nel bambino piccolo non c’è ancora la distinzione tra ciò che accade dentro il corpo, come un dolore alla pancia, e ciò che è fuori dal corpo, come un rumore. Per lui tutto appare e scompare all’interno della consapevolezza globale. Nel bambino c’è un unico flusso di sensazioni, percezioni ed emozioni che non sono ancora identificate attraverso le griglie concettuali. Ad una sensazione di fame non viene associata la parola “fame”, ma resta solo una sensazione di vuoto allo stomaco.

Nel bambino tutto accade spontaneamente e nel campo di consapevolezza appare, per esempio, il processo: fame, disagio, pianto, nutrimento, agio. La stessa sensazione di fame e disagio appare anche nell’adulto, ma viene poi etichettata dalle parole “io ho fame” e dalla decisione di “voglio mangiare”. Questi concetti creano l’impressione che ci sia un’entità a parte che pensa e decide, mentre in realtà sono semplici concetti appresi che accadono spontaneamente. Processi che possono essere paragonati ai programmi di un computer.

Quando compare il pensiero “io ho fame”, ho forse deliberato in anticipo di formularlo? Oppure è apparso spontaneamente. Quando compare la volontà di mangiare, ho forse anticipatamente scelto quella decisione? Anche la decisione di cosa mangiare dipende dai condizionamenti acquisiti e dalle scelte di vita che a loro volta dipendono da altre cause!

Tuttavia, quando usiamo il pronome “io” si crea la sensazione illusoria che ci sia un’entità a parte che produce i pensieri e le volizioni.

Nel processo evolutivo, per poter rispondere adeguatamente alle sfide del mondo, ci siamo specializzati in un’attenzione a fascio ristretto, focalizzata e seriale. Il nostro adattamento all’ambiente risulta sicuramente efficace, a scapito però di una percezione globale molto più ampia.

Durante il processo evolutivo/educativo l’attenzione del neonato viene catturata da particolari aspetti della realtà circostante. Gli adulti, infatti, agganciano l’attenzione del bambino con suoni, immagini, sensazioni tattili, ecc., per attirarlo nella loro visione del mondo. Inizia così a sviluppare la capacità di restringere la propria attenzione e di focalizzarla su particolari aspetti.

Questa concentrazione dell’attenzione, se da un lato ha la funzione di mettere in risalto alcuni aspetti del mondo esterno, che sono utili alla sopravvivenza e all’interazione con gli altri esseri, dall’altro limita i dati sensoriali impoverendo il campo globale della consapevolezza.

L’attenzione focalizzata è anche seriale. Infatti, l’attenzione tende a concentrarsi solo su un punto alla volta ed iniziamo a vedere soltanto singoli aspetti della realtà frammentati. Per ampliare la percezione inizieremo a spostare l’attenzione da un punto ad un altro, in una successione temporale che creerà l’illusione che ogni punto sia separato dagli altri. L’attenzione focalizzata e seriale, percependo gli oggetti in sequenza, crea l’illusione dello spazio, in cui gli oggetti sono separati, e del tempo, nel quale si svolge il processo della percezione.

La percezione selettiva prima seziona la realtà e poi il linguaggio assegna un nome diverso a ciascun oggetto, rinforzando ancora di più l’idea della separazione.

Il bambino, attraverso lo sviluppo della percezione selettiva, del linguaggio e del pensiero astratto,  impara a vedere il mondo come un insieme di entità separate nello spazio-tempo.

Inoltre, con l’uso del pronome “io”, il bambino è indotto a credere di essere anche lui un individuo separato dal tutto.

Questo processo di identificazione con un concetto provoca alcune resistenze da parte del bambino, che all’inizio usa il suo nome in terza persona. Per esempio dice “Michele ha fame” o “Michele è triste” ecc., come se la percezione che ha di se stesso fosse una presenza molto più ampia ed impersonale.

Ben presto, però, il bambino si adegua al processo educativo e inizia ad identificarsi solo con un organismo psicofisico.

Da questo momento in poi si radica sempre di più la convinzione di essere degli individui separati, si instaura cioè la credenza che esista un “io” che sembra dotato di volontà, libero arbitrio, controllo ecc. Si crea l’illusione che esista un centro capace di pensieri e volizioni, che decide e controlla, ma questa è solo una costruzione del pensiero.

La Vita è un tutto unico che l’attenzione focalizzata e seriale non riesce a cogliere.

La mente discriminante nel suo processo descrittivo analitico divide e seziona la realtà etichettando e concettualizzando tutti i fenomeni.

Attraverso questa modalità conoscitiva analitica scambiamo una distinzione percettiva e linguistica per una reale separazione che non esiste in natura.

Il pensiero non può cogliere l’unità intrinseca dell’esistenza se non astrattamente, come un semplice concetto, un’idea o una teoria.

Per cogliere l’unità del Tutto è necessario che il pensiero discriminante e l’attenzione seriale collassino al fine di accedere ad una modalità conoscitiva diretta, intima ed immediata della realtà.

Non si può nemmeno dire che dobbiamo raggiungere l’unità perché, in realtà, è l’unica cosa che esiste. Il senso di separazione è solo un’illusione mentale appresa nel processo evolutivo/educativo.

Infatti, proprio in questo momento – che è anche questo momento e questo momento …– non esiste nessuna entità separata, nessun “io” nessun “tu” separato dal Tutto.

Esiste solo un'unica entità: Sat-Cit, Esistenza-Coscienza, l'Universo!