Se chiediamo a chiunque che cosa cerca nella vita, tutti
risponderanno direttamente o indirettamente che cercano la felicità!
La ricerca della felicità può essere mascherata dietro la
ricerca del benessere o della pace, del potere o della ricchezza, dell’amore o del
piacere, dell’illuminazione ecc., ma alla base c’è sempre il senso di
appagamento, di completezza e di felicità che si crede di ottenere con il
raggiungimento di tali obiettivi.
Fin da bambini, infatti, impariamo ad associare il senso di
appagamento con il raggiungimento di qualcosa che desideriamo. Per esempio, quando
il bambino desidera un giocattolo e poi lo ottiene, inizia a credere che il
giocattolo sia la causa della sua felicità.
Si instaura così la
credenza che gli oggetti possano renderci felici.
Il desiderio è l’espressione di una mancanza – desideriamo
ciò che non abbiamo – ed è una condizione dolorosa. Infatti, la sofferenza è
evidente quando desideriamo qualcosa che non potremo mai avere; mentre quando
sappiamo che il nostro desiderio si potrà realizzare, l’attesa, per quanto
dolorosa, acquisisce anche un aspetto piacevole.
Non dobbiamo confondere, tuttavia, la felicità con il
piacere. Quest’ultimo, infatti, può essere più o meno intenso, può variare,
mentre la felicità è uno stato di
pienezza, di completezza nel quale sentiamo che non ci manca nulla.
Quando raggiungiamo ciò che desideriamo, cessa la tensione
dolorosa del desiderio e noi sperimentiamo un senso di pace ed appagamento, di
felicità.
Non è, quindi,
l’oggetto in quanto tale a renderci felici, ma è la cessazione della sofferenza
inerente al desiderio stesso a darci la sensazione di appagamento e felicità.
Infatti, se l’oggetto fosse la causa della nostra felicità,
noi dovremmo continuare ad essere felici per tutto il tempo in cui abbiamo tale
oggetto! Mentre, in realtà, dopo poco tempo la sensazione di appagamento finisce
e ricominciamo a cercarla in qualcos’altro.
Inoltre, se la felicità fosse una qualità intrinseca
all’oggetto dovrebbe rendere felici tutti in egual misura, ma così non è.
Il nostro bisogno di completezza e di felicità, ci spinge a
cercare l’appagamento sia negli oggetti del mondo, come i beni materiali, il
lavoro ideale o le relazioni; sia nelle sensazioni fisiche, per esempio nella
sfera sessuale, nel piacere del cibo o nell’attività fisica; sia nella mente,
attraverso l’arte, la cultura, i sentimenti o la creatività.
Molti continuano per tutta la vita a rimpiazzare di volta in
volta l’oggetto del proprio desiderio per godere alcuni istanti di appagamento
ed assicurarsi brevi momenti di felicità.
In ultima analisi, però, questo approccio alla vita è votato
al fallimento perché nessun oggetto del mondo, del corpo o della mente può
darci una felicità stabile e duratura.
L’esperienza ci
insegna che tutti questi obiettivi non potranno mai soddisfare pienamente la
nostra ricerca di completezza!
Alcune persone, allora, intraprendono una ricerca spirituale
per cercare l’appagamento non più in oggetti esterni, ma in stati meditativi,
stati non ordinari di coscienza, energie sottili, poteri spirituali ecc. Queste
esperienze possono essere certamente molto appaganti, ma sono impermanenti
tanto quanto gli obiettivi materiali.
Qualsiasi stato di coscienza, infatti, ha un inizio ed una fine!
Anche questa modalità di ricerca della felicità, che io
definirei pseudo-spirituale, è destinata quindi a fallire. A questo punto, però,
non c’è un altro posto dove poter cercare perché sembra che non ci sia
nient’altro oltre la sfera materiale, mentale e spirituale.
Questo momento viene
chiamato la notte oscura dell’anima.
Si può entrare in una profonda crisi perché, malgrado sia
ancora presente il desiderio della ricerca, non si sa più dove cercare.
Molti abbandonano con delusione la ricerca per diventare dei
cinici denigratori della spiritualità, a favore di un superficiale “carpe diem” nel quale cercano di godersi
la vita il più possibile; mentre altri continuano ad oltranza non potendo
ammettere nemmeno a loro stessi il fallimento della loro ricerca.
Tuttavia, proprio a questo punto possiamo accorgerci di una
possibilità che, fino ad ora, avevamo trascurato e possiamo iniziare una nuova
modalità di indagine, che non è più mirata al raggiungimento di un obiettivo
che si crede o si spera possa appagarci pienamente in futuro, ma è finalizzata
a conoscere profondamente:
Cos’è che è alla costante
ricerca di qualcosa?
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