La domanda esistenziale fondamentale che
ha attraversato tutte le epoche conosciute di ogni continente, dagli antichi
filosofi e pensatori indiani, greci, cinesi, arabi ecc., fino ai giorni nostri
è: chi sono?
Il motivo per cui c’è tanta confusione,
che ha dato origine a equivoci ed incomprensioni di ogni tipo, è dovuto
all’uso che facciamo del termine “io”.
Normalmente usiamo la parola “io” per
indicare una serie di condizioni come il nostro nome e la nostra professione,
il nostro sesso e la nostra età e così via. Notiamo immediatamente che il
termine può indicare sia una condizione fisica, sia un concetto mentale.
Noi usiamo, infatti, la parola “io” per
indicare tre differenti sfere della nostra esperienza:
il corpo, la mente e la coscienza.
Rispetto al corpo diciamo infatti: io sono
uomo o donna, bianco o nero, alto o basso, giovane o vecchio, sano o malato.
Usiamo il pronome “io” per indicare qualcosa che riguarda il nostro corpo come:
“io ho fame”. Questa espressione, però, crea facilmente l’illusione che ci sia
un’entità separata, l’“io”, che ha fame, mentre in realtà c’è soltanto la
sensazione corporea di fame!
Un’altra sfera di esperienza in cui
utilizziamo il termine “io” è la mente con tutti i pensieri, ricordi ed
emozioni. Diciamo, infatti, io penso o io sento, io sono felice o triste, calmo
o arrabbiato ecc. Anche in questo caso l’uso della parola "io" crea l’illusione
che esista un individuo separato che pensa o sente queste cose. In realtà c’è
solo il pensiero o la sensazione che compare nel campo della coscienza.
Infine, usiamo il concetto “io” per
indicare la coscienza. In questo caso non ci riferiamo ad esperienze o stati di
coscienza, ma all’osservatore silenzioso, il testimone che conosce ciò che
accade, il soggetto.
Dunque cosa siamo?
Le sensazioni che chiamiamo corpo? I
pensieri che chiamiamo mente? O la coscienza?
Possiamo non sapere chi siamo, ma certamente sappiamo che siamo. Non possiamo negare che
esistiamo, non possiamo negare l’esserci. Inoltre, abbiamo la sensazione che la
nostra presenza sia costante, mentre tutto il resto sia in continua mutazione.
Il nostro corpo, infatti, nel suo processo
di invecchiamento cambia continuamente ed ogni 7 anni è completamente rinnovato
in quanto ogni cellula è sostituita, però la nostra sensazione di esserci è
sempre uguale. Anche quando alcuni organi del corpo vengono sostituiti o
amputati la nostra sensazione di essere coscienza non muta.
I nostri pensieri cambiano in
continuazione e, spesso, nel corso della vita modifichiamo credenze ed
opinioni, ma la nostra sensazione di esserci non cambia.
Se scartiamo tutto ciò che è impermanente,
che va e viene, l’unica cosa che rimane è l’esserci, la sensazione di esistere,
l'esistenza-coscienza.
L’esserci è una certezza immediata e
indubitabile!
Malgrado ciò, abbiamo identificato il
concetto “io” con il corpo-mente, che essendo apparentemente limitato e separato
dal mondo, ci da l'illusione di essere degli individui separati incapsulati in
un involucro fisico.
Inoltre, quando la mente usa il
termine “io” per indicare la coscienza, la oggettivizza e non è più il vero
soggetto. Questa operazione ci da
l’impressione che esista un’entità a parte che ha la coscienza, mentre, in
realtà noi siamo coscienza.
Noi in quanto coscienza, pura
soggettività, non siamo conoscibili dalla mente, poiché siamo ciò che conosce
la mente.
Quando la mente si pone la domanda: Chi
sono io? Non ha alcuna possibilità di trovare la risposta perché l’oggetto
della ricerca coincide con il ricercatore.
La mente, però, è utile per riconoscere
tutto ciò che è falso, fino a smascherare l’illusione dell’io separato.
Tutto ciò che la mente può fare è vedere
l’irreale come irreale.
Non esiste uno stato come “vedere il
reale”.
Tu puoi soltanto essere il reale – e
questo lo sei comunque.
Nisargadatta Maharaj
L’ostacolo più grande alla realizzazione
di ciò che siamo è l’identificazione della coscienza con un individuo separato
dal tutto, dimenticando la presenza sconfinata del Sat-Cit, dell'Essere-Coscienza
in cui il tutto appare e scompare.
Nel corpo, infatti, troviamo soltanto un
insieme di sensazioni e percezioni, nella mente un flusso di pensieri ed
emozioni, ma non troviamo alcuna traccia dell’”io”, tranne il concetto “io”
usato per indicare la totalità dei processi fisici e psichici!
Dal momento che non ci sono altri termini,
la parola “io” può essere un semplice indicatore convenzionale di tutte le
sensazioni fisiche che noi chiamiamo corpo, di tutti i pensieri ed emozioni che
chiamiamo mente e della coscienza, il soggetto.
Questo,
però, non deve trarci in inganno e farci cadere nell’illusione che esista
veramente un “io” individuale separato!
Infatti, una volta che è avvenuta questa
separazione e limitazione sentiamo che ci manca qualcosa ed iniziamo ad attuare
tutta una serie di strategie per colmare questa mancanza. Inizia, così, la
ricerca di appagamento nel mondo, nel corpo e nella mente, fino ad arrivare alla
ricerca spirituale (vedi post precedente "Che Cosa Cerchiamo Veramente?".
Dopo innumerevoli tentativi di colmare
questo senso di mancanza, la ricerca spirituale, se portata avanti nella giusta
direzione, dovrebbe condurci a scoprire l’inganno iniziale e rivelarci che:
Noi
non siamo mai stati degli individui separati.
Il
senso di mancanza e di infelicità esistenziale è soltanto il frutto di un’autolimitazione
avvenuta con l’identificazione della coscienza con un apparato psico-fisico!
Continua ...
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