giovedì 20 ottobre 2016

Chi Sono? (Prima Parte)

La domanda esistenziale fondamentale che ha attraversato tutte le epoche conosciute di ogni continente, dagli antichi filosofi e pensatori indiani, greci, cinesi, arabi ecc., fino ai giorni nostri è: chi sono?

Il motivo per cui c’è tanta confusione, che  ha dato origine a equivoci ed incomprensioni di ogni tipo, è dovuto all’uso che facciamo del termine “io”.

Normalmente usiamo la parola “io” per indicare una serie di condizioni come il nostro nome e la nostra professione, il nostro sesso e la nostra età e così via. Notiamo immediatamente che il termine può indicare sia una condizione fisica, sia un concetto mentale.

Noi usiamo, infatti, la parola “io” per indicare tre differenti sfere della nostra esperienza:
il corpo, la mente e la coscienza.

Rispetto al corpo diciamo infatti: io sono uomo o donna, bianco o nero, alto o basso, giovane o vecchio, sano o malato. Usiamo il pronome “io” per indicare qualcosa che riguarda il nostro corpo come: “io ho fame”. Questa espressione, però, crea facilmente l’illusione che ci sia un’entità separata, l’“io”, che ha fame, mentre in realtà c’è soltanto la sensazione corporea di fame!

Un’altra sfera di esperienza in cui utilizziamo il termine “io” è la mente con tutti i pensieri, ricordi ed emozioni. Diciamo, infatti, io penso o io sento, io sono felice o triste, calmo o arrabbiato ecc. Anche in questo caso l’uso della parola "io" crea l’illusione che esista un individuo separato che pensa o sente queste cose. In realtà c’è solo il pensiero o la sensazione che compare nel campo della coscienza.

Infine, usiamo il concetto “io” per indicare la coscienza. In questo caso non ci riferiamo ad esperienze o stati di coscienza, ma all’osservatore silenzioso, il testimone che conosce ciò che accade, il soggetto.

Dunque cosa siamo?
Le sensazioni che chiamiamo corpo? I pensieri che chiamiamo mente? O la coscienza?

Possiamo non sapere chi siamo, ma certamente sappiamo che siamo. Non possiamo negare che esistiamo, non possiamo negare l’esserci. Inoltre, abbiamo la sensazione che la nostra presenza sia costante, mentre tutto il resto sia in continua mutazione.

Il nostro corpo, infatti, nel suo processo di invecchiamento cambia continuamente ed ogni 7 anni è completamente rinnovato in quanto ogni cellula è sostituita, però la nostra sensazione di esserci è sempre uguale. Anche quando alcuni organi del corpo vengono sostituiti o amputati la nostra sensazione di essere coscienza non muta.

I nostri pensieri cambiano in continuazione e, spesso, nel corso della vita modifichiamo credenze ed opinioni, ma la nostra sensazione di esserci non cambia.

Se scartiamo tutto ciò che è impermanente, che va e viene, l’unica cosa che rimane è l’esserci, la sensazione di esistere, l'esistenza-coscienza.

L’esserci è una certezza immediata e indubitabile!

Malgrado ciò, abbiamo identificato il concetto “io” con il corpo-mente, che essendo apparentemente limitato e separato dal mondo, ci da l'illusione di essere degli individui separati incapsulati in un involucro fisico.

Inoltre, quando la mente usa il termine “io” per indicare la coscienza, la oggettivizza e non è più il vero soggetto. Questa operazione ci da l’impressione che esista un’entità a parte che ha la coscienza, mentre, in realtà noi siamo coscienza.

Noi in quanto coscienza, pura soggettività, non siamo conoscibili dalla mente, poiché siamo ciò che conosce la mente.

Quando la mente si pone la domanda: Chi sono io? Non ha alcuna possibilità di trovare la risposta perché l’oggetto della ricerca coincide con il ricercatore.
La mente, però, è utile per riconoscere tutto ciò che è falso, fino a smascherare l’illusione dell’io separato.

Tutto ciò che la mente può fare è vedere l’irreale come irreale.
Non esiste uno stato come “vedere il reale”.
Tu puoi soltanto essere il reale – e questo lo sei comunque.
Nisargadatta Maharaj

L’ostacolo più grande alla realizzazione di ciò che siamo è l’identificazione della coscienza con un individuo separato dal tutto, dimenticando la presenza sconfinata del Sat-Cit, dell'Essere-Coscienza in cui il tutto appare e scompare.

Nel corpo, infatti, troviamo soltanto un insieme di sensazioni e percezioni, nella mente un flusso di pensieri ed emozioni, ma non troviamo alcuna traccia dell’”io”, tranne il concetto “io” usato per indicare la totalità dei processi fisici e psichici!

Dal momento che non ci sono altri termini, la parola “io” può essere un semplice indicatore convenzionale di tutte le sensazioni fisiche che noi chiamiamo corpo, di tutti i pensieri ed emozioni che chiamiamo mente e della coscienza, il soggetto.

Questo, però, non deve trarci in inganno e farci cadere nell’illusione che esista veramente un “io” individuale separato!

Infatti, una volta che è avvenuta questa separazione e limitazione sentiamo che ci manca qualcosa ed iniziamo ad attuare tutta una serie di strategie per colmare questa mancanza. Inizia, così, la ricerca di appagamento nel mondo, nel corpo e nella mente, fino ad arrivare alla ricerca spirituale (vedi post precedente "Che Cosa Cerchiamo Veramente?".

Dopo innumerevoli tentativi di colmare questo senso di mancanza, la ricerca spirituale, se portata avanti nella giusta direzione, dovrebbe condurci a scoprire l’inganno iniziale e rivelarci che:

Noi non siamo mai stati degli individui separati.

Il senso di mancanza e di infelicità esistenziale è soltanto il frutto di un’autolimitazione avvenuta con l’identificazione della coscienza con un apparato psico-fisico!

Continua ...





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